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Ilaria,siliqua d’inverno
"Eccola salva da Sgarbi. Ilaria Facci, nel palazzo ducale di Urbino, protetta, al riparo da me. Ma non è indifesa. È coraggiosa; ci affronta a corpo nudo, sottoposto a tensioni, torsioni, contorsioni, in una lontana memoria di Lucien Freud, e in una, più vicina, di Jenny Saville. Quei corpi si decompongono, o sono schiacciati; e resistono.
Questi, di Ilaria, si sublimano, si trasfigurano, si fanno anime, come la Pietà Rondanini, sublime ultimo pensiero di Michelangelo; o foglie, come nell’Apollo e Dafne di Bernini. Ilaria ci parla della sua anima, del suo dolore, dei suoi desideri. Le sue atmosfere stanno tra il manierismo e il simbolismo, fra Rosso Fiorentino e Füssli; e Von Stuck. Sono corpi o fantasmi?
Corpi piegati, corpi riflessi, corpi deformati, corpi sfuggenti, avvitati, sfocati. Ilaria è un’artista colta, piena di echi e reminiscenze. Deve essere stata incantata dalla Ofelia di John Everett Millais, corpo che galleggia in acque stagnanti, entro una lussureggiante vegetazione, ai bordi del fiume Hogsmill, a Ewell, nel Surrey. Dall’Amleto: «C’è un salice che cresce storto sul ruscello e specchia le sue foglie allungate nella vitrea corrente; laggiù Ofelia intreccia ghirlande fantastiche di ranuncoli, di ortiche, di margherite, e lunghi fiori color porpora cui i pastori sboccati danno un nome indecente, ma che le nostre illibate fanciulle chiamano dita di morto. Lì, sui rami pendenti,mentre s’arrampica per appendere le coroncine, un ramo maligno si spezza, e giù cadono i suoi verdi trofei e lei stessa,nel piangente ruscello. Le sue vesti si gonfiano, e come una sirena per un poco la sorreggono, mentre canta brani di canzoni antiche, ignara del rischio, creatura nata e formata per quell'elemento.
Ma non può durare a lungo, fino a quando le vesti, pesanti d’acqua, traggono la povera infelice dalle sue melodie alla morte fangosa». Certo Ilaria sarà compiaciuta di sapere che, per la sua Ofelia, Millais scelse a modella Elizabeth, futura moglie di Dante Gabriele Rossetti; e, per rendere più verosimile l’annegamento della fanciulla, la fece immergere in una vasca da bagno riscaldata con candele, nel suo tetro appartamento, al numero 7 di Gower Street, a Londra. La contratta resistenza della donna fu notevole, anche quando il provvisorio riscaldamento cessò di funzionare. E qui esce Ilaria: Elizabeth tenacemente continuo’ a posare, prendendo una terribile bronchite che ne compromise definitivamente la salute. Vita, malattia, morte. Corpi come forme vegetali. Nella vegetazione i corpi di Ilaria e di Elizabeth come silique lineari ristrette, fra un seme e l’altro, a valve convesse o carenate, nervate.
Erbe bienni o perenni; foglie intere, dentate o pennatopartite. Arrivati,dalle immagini di Ilaria alle silique, ci resta solo di concludere con i versi di Gozzano: “Non sono lui! Non quello che t’appaio, quello che sogni spirito fraterno! Sotto il verso che sai, tenero e gaio, arido è il cuore, stridulo di scherno come siliqua stridula d’inverno, vota di semi, pendula al rovaio...” Così, così, i corpi nudi di Ilaria."
Vittorio Sgarbi
"Chi passa attraverso il dolore e sente la morte accanto (io sono tra questi) si alza da quel letto con una coscienza nuova di ogni cosa e, spesso, con una necessità profonda di concretizzare il dolore e la gioia per la vita ritrovata in opere che diventano quasi talismani in cui racchiudere una immensa quantità di significati, a volte oscuri allo stesso autore ma tolti dall'anima e rinchiusi in un opera che è infine “fuori da te”.
Ilaria sembra creare in uno stato di mistica tensione simile a quella dello sciamano che vede nel buio realtà parallele e cerca di dominarle. C’è nelle opere di questa giovane autrice un insieme di carne e sangue, di fuoco e sale purificatore, una parossistica danza orfica fatta di materia viva eppure già quasi al limite dello sfacelo. Una istanza di morte e vita che si intrecciano in corpi arrossati dalla fatica del vivere e insieme tesi in un erotismo che sfiora i baccanali del sublime Dioniso.
Visioni e cristalli di poesia carnale e quasi ebbra che celano una profondità di sentimento che non può che essere generata dalla conoscenza del dolore e della rinascita. Come uno spietato scienziato-artista Ilaria Facci indaga i corpi e le loro macchie, le ombre più che le luci, le pieghe dei corpi dove più profonda è l’ombra dell’essere e del vivere, quasi la verità andasse cercata nel buio e non nella luce. Non cerca, come invece ho fatto io, di sconfiggere il dolore cercando di disegnare un mondo che alluda al reale per crearne uno parallelo, luminoso e splendente. Al contrario si getta nel peso del vivere e nella visione corpo che diventa specchio e sindone del peso di essere. Straordinaria e visionaria artista Ilaria. Le sue opere sono inquiete e rivelatrici come sogni e incubi.
Ma la vita vince e anche trionfa sul male cristallizzata in fotogrammi che si oppongono alla linearità del tempo per diventare icone magiche ed eterne. Se è vero come teorizzo da sempre che creare deve essere uno stato di necessità quasi parossistico, il lavoro di Ilaria ne è la prova concreta. Non sembra osservando il suo lavoro esserci alcuna cesura tra ciò che fa e ciò che è. Il racconto di se è chiaro e fortissimo. E questa è prerogativa degli artisti veri. Che il mio affetto e la mia stima ti sia vicino Ilaria. Grazie per avermi fatto danzare con te intorno al fuoco del grande Dioniso che tutto comprende e ingloba nel suo ebbro splendore."
Giovanni Gastel